Roma, 22 settembre 2018: “Dopo
un graduale e reciproco avvicinamento, è stato firmato a Pechino l’Accordo
Provvisorio sulla nomina dei Vescovi con l’auspicio che contribuisca
positivamente alla vita della Chiesa in Cina, al bene dei cinesi e alla pace
nel mondo”, fin qui l’ottimista visione di Vatican
News.
Il testo dell’accordo resta sconosciuto, essendo a
disposizione dei giornalisti appena l’asciutto comunicato
stampa della Santa Sede. Ivi si apprende che esso è “provvisorio”, e che “tratta
della nomina dei Vescovi, questione di grande rilievo per la vita della Chiesa,
e crea le condizioni per una più ampia collaborazione a livello bilaterale”.
Infine costa l’augurio fiducioso: “È auspicio condiviso che tale intesa
favorisca un fecondo e lungimirante percorso di dialogo istituzionale e
contribuisca positivamente alla vita della Chiesa cattolica in Cina, al bene
del Popolo cinese e alla pace nel mondo”.
Altri particolari sull’Accordo li possiamo attingere dalla conferenza
ad alta quota tenuta dal Papa nel suo ritorno dai paesi baltici. Ecco
alcune frasi da segnalare:
-
Io penso
alla resistenza, ai cattolici che hanno sofferto: è vero, loro soffriranno.
-
L’accordo
l’ho firmato io, le lettere plenipotenziarie le ho firmate io. Io sono il
responsabile.
-
Poi non
dimentichiamo che in America Latina per 350 anni erano i re del Portogallo e
della Spagna a nominare i vescovi. Non dimentichiamo il caso dell’impero
austro-ungarico. Altre epoche grazie a Dio, che non si ripetono (sic!).
-
Quello
che c’è, è un dialogo sugli eventuali candidati, ma nomina Roma, nomina il
Papa, questo è chiaro.
Posteriormente, il 26 settembre i cattolici di tutto il
mondo sono stati sorpresi con la Lettera del Papa ai cattolici cinesi, che
desta non poche domande e, stranamente, è stata poco riportata dai media, sia
in sintonia che in distonia con l’attuale pontificato. Citiamo alcuni brani
scelti:
-
Ho deciso
di concedere la riconciliazione ai rimanenti sette Vescovi “ufficiali” ordinati
senza Mandato Pontificio e, avendo rimosso ogni relativa sanzione canonica, di
riammetterli nella piena comunione ecclesiale.
-
Anche a
voi, Vescovi, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici, spetta un ruolo
importante: cercare insieme buoni candidati che siano in grado di assumere
nella Chiesa il delicato e importante servizio episcopale.
-
In tal
modo, la Cina e la Sede Apostolica, chiamate dalla storia ad un compito
arduo ma affascinante, potranno agire più positivamente per la crescita
ordinata ed armonica della Comunità cattolica in terra cinese.
-
In Cina
è di fondamentale importanza che, anche a livello locale, siano sempre
più proficui i rapporti tra i Responsabili delle comunità ecclesiali e le
Autorità civili, mediante un dialogo franco e un ascolto senza pregiudizi
che permetta di superare reciproci atteggiamenti di ostilità. C’è da
imparare un nuovo stile di collaborazione semplice e quotidiana tra le Autorità
locali e quelle ecclesiastiche – Vescovi, sacerdoti, anziani delle comunità
–, in maniera tale da garantire l’ordinato svolgimento delle attività
pastorali, in armonia tra le legittime attese dei fedeli e le decisioni che competono alle Autorità.
Il passo compiuto dalla Santa Sede, per decisione di
Francesco, è stato commentato sui giornali e sui blog vivacemente. Le due
posizioni in aspro contrasto sarebbero rappresentate tipicamente da due cardinali
di Santa Romana Chiesa. Per primo il Card. Parolin, con il suo enigmatico
sorriso, che ha promosso l’accordo con la tenacia soave di un diplomatico animato
da mite ostinazione. Il secondo, il Card. Zen, accusa il Segretario di Stato di
non avere fede e di aver tradito la Chiesa.
In questa riflessione, però, vogliamo restare super partes, nell’equilibrio della
verità per offrire dei ragionamenti che possano favorire un’analisi tranquilla,
profonda e seria sulla questione, di certo, non facile da valutare.
Tenendo da sfondo le dichiarazioni del Papa, vogliamo dare
lo spunto alla nostra riflessione partendo dalla Storia e dalla Dottrina.
1. Magister vitae, Storia
L’espressione ciceroniana ha in questo caso tutta la sua
valenza. Guardando i tempi passati, si trovano situazioni analoghe che possono
destar luce alla realtà in cui viviamo. Passiamo dunque ai fatti:
Non è necessario tracciare con dettagli il lungo cammino
diplomatico di questo Papa presso il Console Napoleone, poi Imperatore. Papa
Chiaramonti fu conosciuto per la sua identità pro-democratica in un’epoca nella
quale ostentare tale ideologia significava in sostanza accogliere perlomeno
idealmente le massime della Rivoluzione Francese in contrapposizione alla
monarchia cattolica.
In sintesi, si può affermare che Pio VII ebbe dei rapporti
strani e sconvolti con Napoleone. Infatti, il Pontefice conservò fino all’ultimo
degli abusi del Corso, contro la Chiesa e contro la sua augusta Persona, una
benevolenza nei suoi confronti alquanto inspiegabile.
Inizialmente, deciso a non fare la fine del suo predecessore
Pio VI, considerato da lui troppo intransigente, indette la politica del patto,
del dialogo, del cedere per non perdere. Contava sulla buona volontà del primo
Console. Infatti, Napoleone aveva affermato cinicamente: “Ho bisogno del
Papa... lui solo può riorganizzare i cattolici di Francia nell'ubbidienza
repubblicana”. Si firmò, così, il famigerato concordato del 1801, poi “completato”
unilateralmente da Bonaparte con degli abusivi “articoli organici”. Il Papa
protestò, ma Napoleone ignorò con la sua consueta prepotenza le lamentelle di
Roma.
Nel concordato era stabilito che la fede cattolica sarebbe considerate
la religione della maggioranza dei cittadini potendo, in conseguenza, essere
liberamente praticata nel territorio francese, nell'osservanza però delle ordinanze
di polizia. Francia veniva divisa, ex novo,
in 60 diocesi e la nomina dei vescovi era di competenza del primo Console,
Bonaparte, mentre la loro istituzione canonica spettava al Papa. A questo si
aggiungeva un giuramento di fedeltà allo Stato, obbligatorio per tutti i clerici.
Il primo Console ereditava presso la Santa Sede gli stessi diritti e prerogative
del governo monarchico. Firmando il concordato il Papa riconosceva in modo tacito
la Repubblica nata dalle idee illuministiche e bagnata nel sangue del terrore come
un sistema legittimo in Francia. Tutto per ritrovare l’armonia, la libertà e la
pace. Invece… non sarebbe stato proprio così. Anzi!
Arrivato il mese di dicembre del 1804, il Papa dopo alcune riluttanze
viaggiò a Parigi per incoronare Napoleone, eletto dal popolo Imperatore
ereditario. Gesto d’insolita benevolenza, considerando che fu Carlo Magno a
spostarsi per essere incoronato a Roma! Nel 1808 il Papa resiste alle esigenze francesi
che volevano imbrogliarlo nella politica estera di blocco economico all’Inghilterra.
Davanti alla negativa del Papa, Napoleone ordina l’invasione degli Stati
Pontifici e, poco dopo, sequestra Pio VII per trasferirlo a Savona, dove
resterà per anni. Nell’atto dell’arresto il Papa esclamò: “Ecco la ricompensa
che mi è riservata per quanto ho fatto per il vostro Imperatore. Ecco il premio
per la mia grandissima condiscendenza verso di lui e verso la chiesa di
Francia! Ma forse sotto tale riguardo sono stato colpevole dinanzi a Dio; e
adesso che vuol punirmi mi sottometto a Lui con umiltà”.
Finalmente, prostrato fisicamente e pressato da Napoleone Pio
VII soscrisse a Fontainebleau un concordato segreto rinunciando perfino alla
nomina dei vescovi e al governo dello Stato Pontificio. In conseguenza, ne fu
torturato di angosce di coscienza. Di fatti, poco dopo la firma, ritrovando il
suo Segretario di Stato, Cardinal Pacca, le disse in confidenza: “ma ci siamo
infine sporcati tutti…”
Pare che poi il Papa si sia pentito e abbia scritto a
Napoleone invitandolo a nuove trattative. Solo l’esilio di Elba liberò la
Chiesa… e dunque il Papa.
b. Il
veto di Francesco Giuseppe al Cardinal Rampolla. Conclave di 1904.
Non c’è molto da dire su questo notissimo fatto, ormai.
Vogliamo solo ricordare l’essenziale: il cardinale Polacco Jan Puzyna si fece
dare, scritto al volo su un pezzo di carta, il veto dell’Imperatore contro
Rampolla. Non voleva che la Polonia venisse a finire sotto l’area d’influenza
francese. Risultato, conclave viziato da poteri esterni, che, però paradossalmente
diede un Papa santo e forte alla Chiesa quale fu Pio X. Bisogna, d’altronde
ricordare, che lo stesso Papa Sarto, nella Commisum
Nobis del 20 gennaio 1904 vietò espressamente lo ius exclusivae, cancellando dalla storia il diritto al veto.
2. Dal punto di vista
dottrinale, c’è una considerazione da farsi, ed è il fatto che l’Accordo
con la Cina sia anti-Conciliare. Leggete con attenzione il numero 20 della Christus
Dominus – sul ministero dei Vescovi:
Per difendere
debitamente la libertà della Chiesa e per promuovere sempre più adeguatamente e
speditamente il bene dei fedeli, questo santo Concilio fa voti che, per
l'avvenire, alle autorità civili non siano più concessi diritti o privilegi
di elezione, nomina, presentazione o designazione all'ufficio episcopale. A
quelle autorità civili poi che ora, in virtù di una convenzione o di una
consuetudine, godono dei suddetti diritti o privilegi, questo Sinodo,
mentre esprime riconoscenza e sincero apprezzamento per l'ossequio da loro
dimostrato verso la Chiesa, rivolge viva preghiera, affinché, previe
intese con la santa Sede, ad essi vogliano spontaneamente rinunziare.
***
Le nostre conclusioni, dopo attento studio, devota
riflessione e intensa preghiera:
I due fatti sopra ricordati ci permettono di farci delle
domande sul recente accordo Provvisorio Cina-Santa Sede. Anzitutto, qualche
somiglianza c’è tra le figure di questi due Papi, cioè, Pio VII e Francesco. Il
primo, invero, sostentava delle idee avanzate all’epoca, quali erano la
democrazia e, in certo modo, la legittimità della Repubblica francese, il che
lo inclinava a mostrarsi benevolo nei confronti di Napoleone anche dopo ricevere
da lui delle belle bastonate. Il secondo, Francesco, fu in gioventù filo-comunista
(guardate
qui alla pagina 48) e ha cercato le benevolenze di Pecchino fin dall’inizio
del suo pontificato. Ognuno di loro, hanno stabilito degli accordi con dei
regimi in fondo contrari e ostili alla Chiesa, con la candida pretesa di
favorire la libertà. Pio VII in pago visse il suo calvario…, che succederà in futuro
alla Chiesa?
Purtroppo c’è anche da farsi altra domanda obbligatoria: ma
dando dei poteri insoliti al governo maoista, fino a che punto implicitamente viene
riconosciuta qualche illusoria legittimità a un regime comunista? E come
interpretare questo fatto, dal momento che il comunismo è stato condannato solemniter dal Magistero?
D’altra parte, sappiamo che Napoleone dal punto di vista economico intendeva
favorire la Chiesa nella proporzione in cui la Chiesa favorisse il suo governo.
E qui dobbiamo soffermarci un attimo per ricordare l’espansione economica
cinese, simile a un polipo terrestre i cui tentacoli si allungano senza sosta, infiltrandosi dappertutto con tenacia inarrestabile. Se la Santa Sede oggi,
dipendente piuttosto dagli USA e dalla Germania, riesce, con la sua sottomissione, ad
attrarre a se i soldi di Pecchino, è possibile ipotizzare che si creerà una dipendenza
sempre più stretta tra la mega-potenza orientale e lo Stato più piccolo al mondo?
Se consideriamo che i settori conservatori degli Stati Uniti per certi versi puniscono
la Santa Sede ritagliando o surgelando le sue contribuzioni, e la Chiesa della Germania,
in dilagante crisi religiosa, minaccia di diventare sempre meno ricca, quale
ruolo potrà avere l’onnipotente Repubblica di Mao nel sostenere il Vaticano? E
man mano l’influenza cinese si allarghi, fino a che punto c’è da aspettarsi per
un futuro conclave un discreto veto comunista? Non potrebbe essere questo
concordato un primo passo per affidare la Chiesa al potere marxista?
Dal punto di vista dottrinale, c’è da interrogarsi pure.
Infatti, il cambiamento della dottrina sulla pena capitale introdotto di
recente nel Catechismo da Papa Francesco, fu presentato come un progresso del
dogma. Come giustificare, invece, questo “regresso” ecclesiologico a un cesaropapismo
d’impronta maoista?
Insomma, è certo che i nostri fratelli cinesi rimasti fedeli
al Papa per anni, dopo aver subito il peso dello stivale tirannico di Pecchino,
dovranno soffrire ancora molto, e questo ci rattrista. E anche vero che desta
perplessità l’ingerenza pastorale e di governo da parte delle autorità civili
marxiste, avvertita nella Lettera di Papa Francesco. Il rischio peggiore, però,
non sembra minacciare una porzione – tra l’altro benamata da tutti i cattolici ma
piccola – della Chiesa. Con l’Accordo Provvisorio non è la stessa Sposa di Cristo
che, in certo modo, viene affidata al suo più accanito avversario? Se non è fondato
il nostro sospetto, resta sapere come interpretare l’affermazione categorica di Pio
XI nella sua Divini Redemptoris vietando i cattolici qualsiasi tipo di cooperazione
con i comunisti: “Procurate, Venerabili Fratelli, che i fedeli non si
lascino ingannare! Il comunismo è intrinsecamente perverso e non si può
ammettere in nessun campo la collaborazione con esso”. E cari nostri, ad esso hanno affidato il
compito di scegliere i vescovi… e altro!
Preghiamo, meditiamo, e teniamo alta la certezza: tutto può
succedere se il Signore lo permette, ma, le sue parole non passano e in esse c’è
contenuta la promessa dell’immortalità della Chiesa: NON PRAEVALEBUNT!
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